Nuove “pallottole molecolari” per la terapia della sindrome di Netherton

E’ dalla collaborazione scientifica tra due centri di eccellenza in Italia, l’ICGEB di Trieste e l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI)-IRCCS di Roma che nasce un nuovo approccio terapeutico basato su “pallottole molecolari” ad RNA per il trattamento della sindrome di Netherton, una forma di ittiosi congenita molto grave in particolare in età infantile. La malattia è dovuta a mutazioni nel gene SPINK5 che produce LEKTI, una proteina necessaria perché la pelle svolga la sua normale funzione di barriera tra il corpo e l’ambiente esterno. I pazienti che non producono LEKTI hanno una pelle estremamente infiammata e che desquama in maniera abnorme, manifestazioni allergiche gravi come asma e orticaria, infezioni ricorrenti e un deficit di accrescimento nei primi anni di vita.

Nel centro triestino il gruppo di ricercatori nel laboratorio di Human Molecular Gentics diretto da Franco Pagani ha identificato e messo a punto la metodica per creare e manipolare piccole molecole terapeutiche di acido ribonucleico (U1 RNA) mentre nell’Istituto romano operano i ricercatori coordinati da Daniele Castiglia che hanno individuato e caratterizzato una specifica mutazione nel gene SPINK5 molto frequente nei pazienti europei affetti da sindrome di Netherton. Il lavoro dei due laboratori, che hanno firmato l’importante studio pubblicato su Human Mutation*, è consistito nel creare una molecola di U1 RNA in grado di riparare il danno causato dalla mutazione e testarne l’efficacia sulle cellule dei pazienti. La molecola, introdotta nelle cellule mutate attraverso l’infezione con un virus che non causa malattia, ha portato alla correzione del processo di maturazione dell’RNA messaggero di SPINK5 ripristinando la produzione della proteina LEKTI. “Si tratta di un approccio terapeutico mirato che attraverso pallottole molecolari agisce in prossimità della mutazione” commentano i due ricercatori. In questo modo si garantisce il recupero della produzione della proteina in un preciso momento del differenziamento della cellula e nella localizzazione corretta. Questo è fondamentale nella sindrome di Netherton perché l’espressione troppo precoce o tardiva di LEKTI porterebbe a una sua errata localizzazione nell’epidermide e sarebbe controproducente”.

I risultati incoraggianti ottenuti in laboratorio fanno sperare che in futuro, dopo un’attenta valutazione della sicurezza, le cellule colpite da questa mutazione e “curate” con questa metodica potranno venir trapiantate sui pazienti per la terapia di questa grave malattia.

FONTE ICGEB TRIESTE

Share This